A differenza di quanto disposto per la tutela (Libro I, titolo X del Codice Civile) – ove è prevista la figura del protutore che si sostituisca al tutore in caso di conflitto di interessi di quest’ultimo con il tutelato – la Legge 6/04, che ha istituito la figura dell’amministratore di sostegno, non ha fatto alcuna esplicita previsione né ha operato un rinvio in tal senso. Ci si chiede quindi se sia possibile la nomina di due amministratori di sostegno, che agiscano disgiuntamente l’uno dall’altro, ciascuno nella propria sfera di competenza.
A tutt’oggi non può ancora essere data una risposta univoca, poiché la dottrina in merito è oscillante, così come non si rinviene ancora una giurisprudenza conforme e consolidata.
L’orientamento contrario si basa sue tre considerazioni (si veda a tal proposito in particolare il Decreto del Tribunale di Varese del 13 luglio 2010). La prima è di natura testuale e muove dal presupposto che la figura dell’amministratore di sostegno è stata introdotta dal Legislatore avendo bene a mente le altre figure della tutela (vale a dire l’interdizione e l’inabilitazione): mentre in tali casi, infatti, è stata prevista la figura di un sostituto, ciò non è stato fatto per l’amministrazione di sostegno. Pertanto, seguendo tale interpretazione restrittiva, le figure di sostituto in tale àmbito sono tassative e quindi vanno escluse dall’àmbito dell’amministrazione di sostegno.
La seconda considerazione è invece di tipo pratico: nel caso in cui la figura del solo amministratore di sostegno non sia sufficiente al fine di tutelare il beneficiario, ciò sarà sintomo dell’inadeguatezza dell’istituto e pertanto si renderà necessario fare affidamento ad altri mezzi forniti dalla Legge (tra cui le citate interdizione e inabilitazione).
Per finire, si fa riferimento al fatto che la normativa sull’amministrazione di sostegno rimanda esplicitamente all’articolo 379 del Codice Civile, ove è prevista espressamente la possibilità per il Giudice di autorizzare il tutore (nel nostro caso l’amministratore di sostegno, stante il rinvio sopra esposto) «a farsi coadiuvare nell’amministrazione, sotto la sua personale responsabilità, da una o più persone stipendiate».
Stante dunque tale disposto, la nomina di un coamministratore è ravvisata come inutile o, meglio, come una riproduzione falsata di una figura già prevista.
L’orientamento possibilista, invece, fa perno anzitutto sulla ratio dell’istituto, volta alla cura e alla tutela degli interessi della persona del beneficiario, come disposto anche dall’articolo 408 del Codice Civile. Ciò implica che, se il fine dell’amministrazione di sostegno è da rintracciare nella più efficace tutela del beneficiario, la nomina di un coamministratore va considerata realizzabile, qualora si inserisca su tale tracciato e abbia tale finalità.
Inoltre, i sostenitori della coamministrazione fanno proprio il principio di libertà sostanziale, in base al quale «tutto ciò che non è espressamente vietato, è implicitamente permesso»: pertanto, poiché la coamministrazione non è contemplata dalla Legge, ma d’altro canto nemmeno esclusa, la dottrina ha spesso sostenuto la possibilità della nomina di un coamministratore con funzioni residuali limitate alle proprie competenze specifiche (che possono essere, ad esempio, di natura finanziaria, economica oppure medica), ogni volta che ci sia bisogno di un tale tipo di apporto.
In tal senso va anche parte della giurisprudenza di merito, secondo cui «la nomina di un coamministratore di sostegno trova giustificazione onde evitare l’insorgenza (ovvero il procrastinarsi) di conflitto di interesse tra beneficiario ed amministratore [si confronti l’articolo 360 del Codice Civile, N.d.R.], come pure laddove si individui la concreta necessità di un riparto di competenze nella gestione dell’amministrazione» (Decreto del Tribunale di Modena del 16 giugno 2014; Decreto del Tribunale di Genova del 10 ottobre 2006; Decreto del Tribunale di Trieste del 14 gennaio 2008).
Sebbene, come anticipato, non sia stata ancora raggiunto un orientamento omogeneo e condiviso sulla questione, si deve rilevare come alcuni Tribunali – prima del tutto contrari alla figura del coamministratore – stiano facendo ora qualche timido passo in questa direzione.
In particolare, la figura del coamministratore viene prevista quando ci sia armonia all’interno della famiglia del beneficiario, circostanza che permette la nomina di due familiari (un amministratore e un vicario), incaricati di agire ciascuno nell’àmbito di propria spettanza.
Resta inteso che attualmente per i Giudici tale decisione porta con sé soprattutto un’incognita circa il rinvenimento della responsabilità in caso di mala gestio: tutti gli aspetti dell’amministrazione di sostegno, infatti, sono interconnessi tra loro, in modo tale che una singola mancanza può avere conseguenze nefaste su tutto l’istituto (basti pensare al rapporto tra gestione patrimoniale e calcolo delle spese per la salute del beneficiario). In tal caso il Giudice si troverebbe costretto a travolgere con la propria decisione anche un coamministratore che sia sempre stato diligente, riuscendo difficile, come detto, tracciare dei confini netti tra le mansioni dell’amministrazione di sostegno.
Per concludere, qualora si intenda depositare istanza di nomina di un coamministratore, sarà bene esplicitare nel dettaglio le specifiche competenze di ciascun incaricando e sottolineare quali sarebbero i vantaggi derivanti da tale doppia nomina.
È altresì consigliabile inserire, anche solo citandone gli estremi, la giurisprudenza favorevole (alcuni Decreti sono rinvenibili nel presente approfondimento), per poter dare al Giudice la possibilità di verificare la fondatezza di tale scelta e l’adattabilità dello strumento al caso concreto.