Il Comitato sui diritti delle persone con disabilità, che ha il compito di monitorare la corretta applicazione della Convenzione Onu, in tema di diritto all’autodeterminazione delle persone con disabilità ha raccomandato all’Italia di superare (e quindi di abrogare), tutte le norme che riguardano l’interdizione e l’inabilitazione ma anche le amministrazioni di sostegno. Se da una parte siamo prefettamente d’accordo sulle conclusioni che giungono dall’ONU , sul’amministrazone di sostegno riteniamo che il Comitato abbia preso una svista, basata sulla mancata comprensione dei principi sanciti dell’istituto, questo anche a giudizio di molti esperti e giuristi italiani.
In Italia ci sono almeno mezzo milione di persone con una qualche fragilità – persone con disabilità ma anche anziani non autosufficienti – che avrebbero bisogno di una protezione giuridica, anche temporanea e invece non l’hanno. Sono lasciati soli con le loro fragilità, senza nessuno che li accompagni – li accompagni, si badi bene, non si sostituisca a loro – non tanto nella ordinaria quotidianità quanto negli snodi più complessi, un contratto da formalizzare o per mere questioni patrimoniali.
Come associazione AIASS stiamo realizzando, tramite la rete e il Ccoordinamento delle associazioni di volontariato, con la supervisione dell’ISTAT, la collaborazione del Tribunale di Pordenone e il sostegno del Centro Servizi Volontariato del FVG, un’indagine statistica, la prima in Italia, sull’utilizzo dell’amministrazione di sostegno, una figura che in Italia esiste da oltre dodici anni, istituita con la legge n. 6/2004», spiega Silvestre. Perché Pordenone? Perché questo è uno dei tribunali che ha più creduto in questa figura, perché sono state create da anni le condizioni ottimali per mettere insieme tutti i soggetti coinvolti che interagiscono di comune accordo, ognuno con le proprie competenze (giudici tutelari, regione, servizi sociali dei comuni, azienda sanitaria con i dipartimenti di salute mentale e dipendenze, università, volontariato, privato sociale), c’è una legge regionale che riconosce l’azione dell’amministratore di sostegno volontario e un albo di volontari formati a cui attingere in caso di necessità, perché qui i tempi per l’attivazione di una amministrazione di sostegno, senza carattere d’urgenza, è mediamente di 90 giorni, mentre in altre parti d’Italia si arriva anche a un anno e in alcuni casi anche di più, perché qui, come prevede la legge, per la presentazione del ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno non è necessaria l’assistenza di un avvocato, mentre ci sono tribunali che lo richiedono, con costi a carico del beneficiario che non sempre se lo può permettere. Per questo sono sufficienti gli sportelli, (uno ogni 50.000 abitanti), gestiti da volontari ben preparati, che accompagnano e sostengono l’azione del ricorso e delle successive istanze, fino al rendiconto annuale, il risultato è che questo territorio sono attive 4mila pratiche di amministrazionei di sostegno , cinque volte più della media nazionale, con quattro giudici tutelari operativi a tempo pieno (1 ogni 90.000 abitanti). «Questo territorio in un certo senso è l’optimum, così come dovrebbe essere dappertutto se la legge fosse applicata a regime», sintetizza Silvestre. L’idea quindi è stata quella di analizzare le 4mila pratiche in essere a Pordenone: da lì fare un quadro di quello che potrebbe essere l’Italia se la legge del 2004 fosse compiutamente attuata e misurare il gap rispetto agli altri territori.
L’analisi è in atto (sono state elaborate circa 2mila pratiche su 4mila), ma il quadro che emerge per Silvestre «è chiaro». Il primo dato è l’incidenza del numero di amministratori di sostegno sulla popolazione: 1,34 ogni 100 abitanti. «Facendo una proiezione significa che, se ovunque la legge fosse applicata come a Pordenone, in Italia dovrebbero essere attive un po’ più di 800mila pratiche di amministrazione di sostegno contro le 180mila registrate fino a dicembre 2015». Cosa vuol dire? Che, ragionando per difetto e considenrando anche le 40mila interdizioni e inabilitiazioni attivate negli ultimi 12 anni, oltre 500mila cittadini (persone con disabilità ma non solo, la mappatura di Pordenone rivela che solo un terzo delle pratiche attive riguarda persone con disabilità, la stragrande maggioranza riguarda ultraottantenni non autosufficienti) «avrebbero la necessità di avere una protezione giuridica, anche minima, temporanea, flessibile, così come è l’amministratore di sostegno, e invece non ce l’hanno».