*Magistrato della Corte Suprema di Cassazione. Già Giudice civile e tutelare presso il Tribunale di Pordenone fino a giugno 2015. Dal 2003 al 2008 ha svolto funzioni di professore a contratto di diritto processuale civile e tributario presso l’Università di Trieste e assistente di studio del giudice costituzionale prof. Franco Gallo (2004/2005). Dal 2005 docente presso la Scuola forense di Pordenone.
Ha partecipato a numerosi corsi e seminari, in particolare nel campo del diritto tributario e della tutela delle persone deboli, sia come relatore sia come coordinatore sia come promotore, distinguendosi per la preparazione, l’umanità, la capacità di coordinare le risorse del volontariato.
Succedeva poco più di 11 anni fa che, dopo quasi vent’anni di iter, il Parlamento alla fine approvava la Legge n. 6/2004, istitutiva ex novo dell’Amministrazione di Sostegno.
Bastava leggere la prima disposizione novellata del Codice civile, l’art. 404, per capire cosa sarebbe poi accaduto.
Il nuovo istituto di protezione degli incapaci, ora con lessico normativo più moderno e “civile”, delle persone “prive in tutto o in parte di autonomia”, appariva infatti inequivocabilmente destinato a diventare un’autentica, ulteriore “valanga” che si sarebbe scaricata sui già esausti apparati di giustizia. Ed infatti ricordo nitidamente che in una riunione sezionale della primavera di quell’anno in questi termini – lo ammetto con un certo sussiegoso disappunto – feci notare la questione ad un collega che mi rispose gentilmente, ma seccamente: “Dato lo scopo di questa legge, ciò semplicemente significa che dovremo reinterpretare il nostro ruolo. Pensare che sarà meno Potere e più Servizio”.
Queste parole mi hanno fatto riflettere, anzi è stata una specie di “folgorazione sulla via di Damasco” (con tutte le necessarie cautele nel paragone, per carità).
L’anno seguente ho iniziato anche io ad occuparmi dell’attuazione della nuova legge e da lì è partita un nuova esperienza, anzi, e spero non sia troppo retorico, la scoperta di un nuovo mondo (di giustizia).
Ossia un’altra giustizia.
In questa lunga “navigazione” che tuttora prosegue verso sempre nuovi approdi esperienziali, di giurisprudenza e di organizzazione, ho viaggiato assieme a molte persone: altri magistrati, cancellieri, avvocati, amministratori locali, assistenti sociali, medici, psichiatri e soprattutto tanti, davvero tanti volontari, persone comuni.
Molti sono stati e sono tuttora i rapporti significativi che ho instaurato, ma di uno desidero parlare subito, per introdurre il ragionamento che mi sembra pregiudiziale a tutti gli altri che farò.
Il 18 ottobre 2013 sono andato a Reggio Emilia, per un Convegno che appunto riguardava le “buone prassi” applicative della L. n. 6/2004 e a margine dei lavori ho scambiato due parole con Francesco Caruso, Presidente di quel Tribunale e relatore anche lui.