Ho letto l’intervista rilasciata da Donata Vivanti, vicepresidente dell’Italicum Forum on Disability (FID), a proposito del richiamo che è stato mosso quest’estate 2016, da un Comitato Onu, nei confronti dell’Italia – in cui si chiede al nostro paese di abrogare l’amministrazione di sostegno, o comunque di ritoccare (?) fortemente l’istituto. E’ un richiamo Onu, aggiungo, che la Vivanti cerca di giustificare – visto che lei è fra quelli (se ho capito bene) che hanno contribuito a sollecitarlo.
Dirò subito che alcuni rilievi critici – espressi in quell’intervista vivantiana – circa il modo in cui le persone fragili andrebbero protette oggi in Italia, sono sicuramente da condividere: e dobbiamo essere grati alla Vivanti che li ha formulati. Altri invece, almeno per il modo in cui figurano articolati, nel testo che ho letto, lasciano francamente perplessi; credo che, se si seguissero indicazioni del genere, apriremmo nel nostro paese il varco a regimi di vero e proprio “abbandono”, per molte decine e forse centinaia di migliaia di beneficiandi. Come durante i secoli più bui del passato. Imperativi categorici sul terreno del metodo, quando si parla di disagio-logia, eccoli:
– il continente della fragilità umana, della “non autosufficienza gestionale”, si presenta estremamente variegato al proprio interno;
– ci sono bensì delle “costanti”, fisiologiche e disciplinari, dei Leit-motiv destinati a entrare in gioco in tutte le ipotesi di vulnerabilità: ricerca della felicità, dignità, no all’interdizione, necessità del dialogo, semplificazione nelle procedure, mitezza, fluidità negli assetti, bisogno d’amore e comprensione, prontezza di intervento, economicità, rispetto;
– ci sono però anche, fra un gruppo e l’altro di fragili, significative “differenze” strutturali/antropologiche, cioè molte alternanze di ostacoli, di minacce, di impedimenti e di agguati che incombono, secondo i frangenti e le circostanze, a livello storico, culturale, muscolare, anagrafico, neurologico:
– ed esistono quindi svariate “peculiarità orientative”, qua e là, nel trattamento civilistico cui far capo, volta per volta:
Il GT sa benissimo tutto questo, di solito, anche l’amministratore di sostegno in carica non lo ignora; lo sa la Convenzione Onu, anche l’Osservatorio nazionale della disabilità, anche il Parlamento italiano; lo sanno la nostra Costituzione, la legge 6/2004, i Servizi, la Fish, l’Anffas, noi stessi:
(a) quel che vale e che dev’essere, che dovrà cioè realizzarsi, introdursi come presidio giuridico, nell’agenda di uno che non può camminare, è quasi sempre diverso, in una percentuale più o meno rilevante, per chi – mettiamo – ha compiuto ieri 98 anni, oppure è alcolista cronico, o è in carcere a vita, o è sordomuto, o è analfabeta di ritorno, o ha l’Alzheimer, o è alto 92 cm., o è epilettico, o è un credulone congenito, o è sonnambulo, o ha tutti i tic del mondo, o è un migrante in serio imbarazzo coi misteri della burocrazia occidentale;
(b) far finta che queste differenze non esistano, voler esautorare il GT, puntare a eliminare il criterio del “diritto dal basso”, pretendere di esaurire tutto quanto a monte, nel codice, sperare e basta nella futura Provvidenza, ignorare i pericoli insiti in un “pensiero troppo utopistico”, avviare crociate omologatrici, giocare all’antipsichiatra 2016, fare di ogni erba un “fascio”, prendere il format gestionale che è destinato a vigere per un certo spicchio di esseri umani che zoppicano, e cercare di farne il modello unico/rigido di riferimento per l’intera categoria dei “clienti della legge” – 800.000 individui? due miloni, tre, quattro, di italiani, più ancora? – tutto ciò significa una cosa sola: tornare indietro di cent’anni, fare harakiri istituzionale, condannare in partenza alla solitudine, alla disperazione e certe volte alla morte un sacco di “altri fratelli” (vi siete mai infilati al buio il piede sinistro nella scarpa destra, o nella scarpa della vostra figlioletta, o in quella di un gigante, quanti metri si riescono a fare così?).
(c) in sostanza: insistere (giustamente) affinchè un disabile poco autosufficiente e non a rischio venga aiutato dal GT o dall’AdS a fare, nella misura del possibile, tutto quello che desidera al mondo … ebbene, tutto ciò non vuol dire affatto che la stessa linea dovrà valere (sarebbe una follia, un’incoscienza: nessuna legislazione al mondo è così) rispetto alle decine di migliaia di fragili autodistruttivi, ossia rispetto a quelli che per il futuro, colpiti in varia misura dal destino, minacciano di fare cose, grandi o piccole, palesemente a danno di se stessi o dei loro cari – o minacciano, peggio ancora, di non fare cose che sono, invece, assolutamente indispensabili per loro.
Sostanzialmente la Vivanti osserva che l’AdS sarebbe sbagliata in quanto esalta il punto del ‘best interest’ della persona, come centro della disciplina; mentre il centro dovrebbe essere quello del rispetto assoluto della ‘volontà’ manifestata dall’interessato.Ebbene, credo che mettere in contrapposizione fra di loro, così drasticamente e dilemmaticamente , momenti disciplinari del genere, “sia peggio che un delitto, sia un errore”. La soluzione cui approdare, nel buon diritto, sarà come sempre – a seconda del tipo di beneficiando – quella di una “ragionevole armonizzazione” fra quei due punti luce.
Caso per caso, con una combinazione appropriata tra (x) “fai pure tu liberamente”, (y) “per il momento meglio di no”, (z) “fai sì, ma con l’aiuto del tuo amministratore”, diversa per ogni singolo utente della legge; con alcune costanti distributive (direi) secondo la tipologia dei malestanti che si considerano. In linea di massima, al fondo di se stessi, gli esseri umani “vogliono più o meno tutti le stesse cose” (ascoltate le nove sinfonie di Beethoven e saprete quali).
Quindi, se qualcuno, per ragioni sue contingenti, esprime a un certo punto intenti e programmi molto difformi rispetto a quella tavola di fondo, o comunque in quel modo si comporta, di fatto, da solo o con gli altri — orbene, la prima cosa sarà domandarsi come mai l’interessato parli e faccia così.
Il nostro è stato davvero libero nell’esprimersi, in quel modo? Rinnoverebbe le stesse invocazioni e condotte in un altro momento – quando sarà (poniamo) sobrio, guarito, senza bave alla bocca, non più rinchiuso, ormai ritemprato, più kantiano, meno solo?
Ci sono allora, direi, difformità/originalità che corrispondono allo stile profondo di vita dell’interessato; singolarità che egli confermerebbe sempre.
In tal caso è probabile che non si tratti di difformità di tipo “autoditruttivo”: sono semplicemente modalità un po’ bizzarre, dinastiche, cinematografiche, connaturate a quel certo essere umano.
Che non gli fanno male, o che – se sì – gliene fanno comunque meno di quanto non sarebbe costringerlo a diventare e a condursi come gli altri.
Siamo un po’ tutti così: anche Renzi, anche Trump, anche papa Francesco.
Io per esempio: detesto la musica forte, non amo i cortei, né i concerti rock tambureggianti, fuggo qualsiasi tipo di riunione politica-sindacale.
Non so andare in moto, non capisco bene alla tv i film americani in lingua originale, ho la erre moscia, sono goloso di gelato, non mi piace il pesce crudo, ho un cellulare senza internet.
Non frequento nessuno di veramente potente, sono poco ammaliato dall’intelligenza e dalla cultura, alla Tv vedo solo vecchi film in bianco e nero, sono interista (cioè destinato alla frustrazione).
Ok allora – dovrà dire qui il diritto privato – fai pure quel che ti pare, avanti su quel binario, prosegui senz’altro così.
Centomila decreti giudiziali sull’ AdS, la grande maggioranza dal 2004 al 2016, sono esattamente in tal senso: ti fornisco da oggi un angelo custode, per il compimento di questo o quell’atto, e non ti tolgo nulla, nessun diritto, nessun potere.
Viva Voltaire cioè, viva la sovranità individuale.
Potrò come cittadino non essere d’accordo con te; come magistrato, come pubblico ufficiale, come uomo delle istituzioni, mi batterò comunque – nel momento in cui ti metto a disposizione quel vicario-segretario, che ti rappresenterà all’assemblea di condominio – mi batterò “affinchè tu possa continuare a esprimerti come ti aggrada, al 100%, andandoci tu stessa magari all’assemblea, se ne hai voglia, quando ti pare, ogni tanto”.
E, passaggio tecnico ulteriore, se non so bene che cosa vuoi, se mi è oscuro che cosa auguri a te stesso per l’avvenire, sarà a te che lo chiederò; e se non mi rispondi affatto, in istruttoria, te lo dovrò ridomandare, a te, in tutte le lingue possibili:
– magari parlandoti un po’ di me, se hai voglia di ascoltarmi, dei miei “inghippi” quella volta, di come ne sono uscito:
– se proprio occorre facendo con te il gioco dei mimi, poi attraverso dei disegni, col pongo, informandomi in giro, coi tuoi vicini, coi tuoi insegnanti;
– vedendo magari cosa leggi, cosa compri, vedi, cosa segui alla tivù, collezioni, scrivi (possibilmente sorridendo);
– finchè non sarà diventato ben chiaro cosa tu speri, vagheggi, temi, brami dentro di te, immagini.
E se colui che ha deciso formalmente per te, un mese fa, in Tribunale, è qualcuno che non ti ha in effetti chiesto niente, che non ti ha minimamente coinvolto nella procedura, che ha calpestato senza ragione i tuoi desideri più che ragionevoli, ebbene, allora lo criticheremo, lo rieducheremo, lo sostituiremo, lo manderemo in giro a distribuire manualetti con il testo dell’AdS fuori delle scuole, lo metteremo a occuparsi di buche stradali invece che di diritti delle persone.
Intanto tu impugna subito quel decreto che ti scontenta, in Corte d’appello, in Tribunale, come la legge 6 del 2004 ti permette – noi dell’associazione, dei Servizi, dello sportello, ti daremo una mano.
Non sto – attenzione – parlando di velleità immaginarie, di mozioni senza basi. Tutto quanto sopra, basta leggere, è già nel seno del codice civile.
Gli articoli sull’AdS, sotto questa o quella angolatura, mostrano uno dopo l’altro tracce più o meno esplicite circa l’intento del legislatore 2004 di mettere la persona, e la sua volontà, al centro della disciplina normativa. In particolare:
Ci sono in effetti occasioni e circostanze, nella vita di un essere umano, che fanno sì che egli arrivi a dire o a chiedere, hic et nunc, cose opposte a quelle che diceva poco tempo prima, e del tutto opposte a quelle che dirà/direbbe quando sarà uscito da quel “cono d’ombra”.
Quasi sempre si tratta di indicazioni destinate a produrre, entro tempi più o meno lunghi, il degrado o il malessere esistenziale dell’interessato.
In tal caso la risposta del diritto deve essere assai diversa da quella offerta sopra; scatta il principio di solidarietà, non lasciare solo chi soffre, chi non ce la fa, chi perde colpi: se quello al centro dell’ oroscopo è, per il soggetto fragile, un “male” indubbio, pesante, indiscutibile, magari irreversibile, bene, occorrerà impedirgli quanto prima di farselo – ragionando con lui dolcemente, beninteso, negoziando sempre, spiegando, modellando, ascoltando.
Pescando a caso allora fra i 150.00 decreti di AdS che sono stati pronunciati, negli ultimi 12 anni: Da domani non più, caro A., 50 euro al giorno di argent de poche; da domani 10 al massimo, in
tasca: se no ti bevi tutto quanto, come al solito.
No a che tu, dolce signora B, regali ogni mese la tua pensione alla sala corse, all’estetista furbastra. Solo questo limite nel decreto, per il momento – certo, il giorno in cui cominciassi a venderti i mobili di casa …
No, caro C (89 anni, un ictus, gioielli vari, argenti, soldi sotto il materasso), no sposare già domattina Ivanka, ucraina bionda 18enne, anche se la ragazza dice di amarti “tanto con cuore sincero, bello colpo di fulmine” … magari sì dopomani, fra tre giorni, vedremo.
No D – essendo tu già così flippato di tuo – al testamento che vuoi fare a favore dell’Isis.
No E – hai udito anche tu il prete, il commercialista – no spendere gli ultimi 250.000 euro che hai in banca, investiti in fondi bilanciati, per comprarti una Ferrari anni ’70 (hai tanto da vivere ancora, l’Enel pensi sia un ente di beneficenza?).
No nonna F. – hai sentito anche i tuoi nipoti, l’assistente sociale – no affittare una stanza di casa tua a quello schizofrenico di 56 anni, Branko, che ha già strozzato due persone, e che gira ora libero per una distrazione del giudice di sorveglianza…
No, G., il Rembrandt, unico tuo bene, non scambiarlo col nudo un po’ legnoso del pittore locale Pruriginon. Sì, sciura H., anche se ti vergogni, sì al contratto con l’impresa di pulizia che eliminerà i topi e le cimici dalla tua casa. No I. al mutuo che hai chiesto per finanziare la setta del “Un braccio ci basta, due non servono”, o il laboratorio per produrre ortiche biologiche gialle.
Sì, L., anche se ti opponi, sì all’appalto per aggiustare quel terrazzino della cucina che sta cascando (i danni ai passanti chi li paga poi?). Sì, bella signora M., anche se sei esitante, sì alla vendita del villino di campagna in rovina, visto che con quei soldi potrai curarti, operarti, fare riabilitazione, non soffrire più.
No, N., all’accettazione di quell’eredità rovinosa dello zio esploratore (questo solo limite, tutto il resto ok per il momento, dipende anche da te però!). No O., anche se ti commuoverebbe, no a riempire il tuo giardinetto di letame quotidiano che ti ricorda gli odori dell’infanzia.
E tu, P., quei buoni fruttiferi gloria di famiglia occorre smobilizzarli adesso, bisogna saldare Equitalia, sistemare la rata con la banca, pagare l’avvocato che citerà in giudzio il condominio per quello spandimento e che ti difenderà da quella contravvenzione per il cane.
Sono sicuro che la Vivanti è la prima a non desiderare che chi “si fa del male” venga lasciato libero di continuare.
Altrettanto certo, poi, che la Vivanti sa bene che Ciascuno NON sta affatto solo sul cuor della terra … che ha di solito qualcuno vicino a lui – tipo figli piccoli, una moglie succuba, genitori conviventi e impauriti, fratelli disabili … ai quali pure il diritto deve pensare, giusto?
Atrettanto certo che la Vivanti sa bene che, talora, il peggior nemico del soggetto vulnerabile è la sua famiglia, che vuole magari interdirlo, segregarlo, sfruttare la sua pensioncina, asservirlo, plagiarlo.
E come sono d’accordo con lei nel deprecare i casi in cui un “disabile assennato” non viene ascoltato dal GT, distratto e superficiale, penso che lei sarà d’accordo con me nel non permettere che chi è fragile cada ancor più vittima:
– dei pusher, dei sobillatori violenti, degli usurai melliflui;
– della sua timidezza assurda di carattere, di ombre strane e maligne, dell’analfabetismo, dei sensi di colpa;
– di un nipote avido, di Sciamanik, della grappa, dei cavalli, delle corse dei cani;
– dell’accidia, dell’Alzheimer, della paranoia, della rassegnazione a vivere in stalla, disidratato, con le croste.
Beninteso, cara Viviani, il giorno in cui riusciremo a fermare il tempo delle persone sui 27 anni, tipo Faust, tipo Dorian Gray, a eliminare la droga, la schizofrenia, gli incidenti stradali e quelli in sala parto, a inventare una pozione magica contro la depressione, contro l’infelicità, contro le disgrazie, contro la perdita provvisoria del gusto per la vita, contro l’Alzheimer, contro le circonvenzioni dei poveretti … beh, quel giorno potremo abrogare non solo l’amministrazione di sostegno, ma l’intero codice civile.